In un precedente articolo del blog abbiamo ripercorso la vita e gli esordi della storia professionale di Andrea Stalletti, che con il fratello Diego oggi guida un’impresa giunta alla quinta generazione. Per sua stessa ammissione, Andrea si sente ormai parte integrante di questa realtà produttiva: chissà che cosa prova al cospetto di una storia aziendale che risale al secolo scorso… Sentiamolo dalle sue stesse parole.
Andrea, riprendiamo a parlare di te: qual è la prima cosa ti viene in mente quando senti pronunciare il nome Stalletti?
Prima di tutto una forte responsabilità e un senso di vertigine, soprattutto pensando ai miei antenati, a come hanno iniziato questa attività, ai loro sacrifici e a tutto quello che hanno realizzato prima della mia generazione. Perché è vero che io mi sono impegnato tantissimo a studiare, e che dunque ci ho messo del mio, ma non dimenticherò mai quello che hanno vissuto e costruito i miei genitori: agli inizi non avevano né sabati, né domeniche libere, si mangiava “pane e ditta”…
Ora i tempi sono cambiati, non si misurano più i progressi secondo l’ottica di allora, quando la crescita era identificata dalla macchina nuova o dal rinnovo del capannone.
Adesso è molto più complicato fare certi passi. I numeri che stiamo gestendo sono molto più ampi, dipendiamo sempre di più dalla globalizzazione e dalle grandi trasformazioni mondiali che mutano il quadro generale dall’oggi al domani (basti pensare alla pandemia, alle guerre e alle loro conseguenze sulla supply chain): per esempio noi riceviamo materiali isolanti da tutto l’Est europeo, basta veramente un battito di farfalla in Brasile, parafrasando Edward Lorenz, per creare un tornado a… Rancio Valcuvia!
Dunque oggi è davvero necessario procedere con i piedi di piombo.
Tuttavia, messo da parte questo senso di vertigine, pensando al brand Stalletti non posso fare a meno di provare un grande orgoglio. Ovunque io vada, incontro persone che stimano la nostra azienda. Un merito che non è soltanto mio, perché coinvolge anche chi mi ha preceduto: tutto dipende dalla nostra onestà specchiata, che tutti ci riconoscono e che in tempi come questi è vista quasi come un’eccezione, una stranezza…
Se questo mondo è diventato una giungla e noi non siamo aggressivi per indole, tuttavia non restiamo nemmeno lì a farci mangiare… Ci facciamo rispettare senza sopraffare, grazie ai valori incarnati nella nostra tradizione. Consapevoli delle nostre caratteristiche e convinti che questo nostro atteggiamento pagherà sempre, sappiamo comunque che è necessaria una corazza in più, per evitare che qualcuno se ne approfitti…
Un forte senso di responsabilità, dunque. E invece, per la tua vita, che cosa rappresenta il lavoro che fai?
Io sono felice della mia vita e questo per forza di cose passa anche attraverso la soddisfazione nel mio lavoro. Ho il vantaggio di poter condividere con mio fratello Diego gli oneri e gli onori di questa attività e di poter ancora contare sul sostegno morale dei nostri genitori; ho la fortuna di potermi dedicare agli aspetti del mio lavoro che privilegio, grazie alla suddivisione dei compiti che si è creata naturalmente con Diego, conformemente alle nostre attitudini e capacità: quello che a lui pesa fare a me piace, e naturalmente diventa di mia competenza, e viceversa.
Ci completiamo a vicenda e dunque non solo svolgo il mestiere che mi piace, ma di questo lavoro seguo anche gli aspetti che preferisco e nei quali mi sento più realizzato.
Potremmo parlare di una “alchimia magica” tra Diego e te: come si è realizzata concretamente questa naturale suddivisione dei compiti?
Inizialmente lavoravamo in parallelo: seguivamo gli stessi processi con clienti diversi; poi io ho portato le mie competenze e alcune lavorazioni particolari, che hanno costituito innovazione e che ho dovuto gestire in prima persona.
Ora sono diventate prassi usuale, una sorta di norma, e questo mi ha permesso di potermi dedicare ad altri aspetti, facendo sì che il mio ruolo cominciasse a definirsi in modo più concreto.
L’accelerazione è arrivata con il Covid, con la necessità di ripartire con una struttura più adeguata a intercettare la forte ripresa del mercato, incentivata dai bonus edilizi: ho assunto sempre di più la gestione amministrativa dell’azienda (forza lavoro, gestione economica e finanziaria, pubblicità e marketing).
Aspetti verso i quali per indole io mi sento più portato, e tutto questo ci ha indotto naturalmente a differenziarci, così ora mio fratello può dedicarsi all’organizzazione dei cantieri e alla gestione dei clienti. Lasciare a Diego la direzione dei cantieri e a me, oltre alla direzione operativa come ingegnere, anche gli aspetti manageriali dell’azienda, è stata dunque una naturale evoluzione dei nostri ruoli.
A questo punto è inevitabile chiederti che cosa pensi di tuo fratello e che cosa significhi per te lavorare con lui…
Io dico sempre che è la persona più importante con cui ho a che fare, anche se, paradossalmente In tono scherzoso, per questioni di tempo facciamo quasi fatica a incontrarci!
Nei momenti che riusciamo a ritagliarci ci diciamo quello che serve. È una fortuna che lui abbia comunque mantenuto i piedi in azienda, perché quando andai a studiare a Milano non avevo alcuna certezza sul fatto che sarei tornato. Lui è stato dunque fondamentale nella gestione del passaggio dell’azienda alle nuove tecnologie, che ancora adesso stiamo usando. Senza di lui non so come mio padre avrebbe potuto far fronte a questa rivoluzione o a chi si sarebbe potuto rivolgere.
Tutto questo resterà sempre un merito di Diego e noi manteniamo, costantemente, quella complicità e quella sinergia per cui ognuno di noi cura il proprio ambito con la fiducia assoluta nell’altro.
Abbiamo indoli diverse, ma riconosciamo il lavoro l’uno dell’altro e a me lui dà carta bianca nel gestire queste nuove fasi dell’azienda, perché alla base c’è questo legame che va oltre la fiducia. È proprio come se fossimo una cosa sola.
Grazie Andrea, ora sappiamo molto di più di te e della vostra azienda. Ci manca solo di capire come interpreti il futuro della tua attività: te lo chiederemo nel prossimo articolo del blog…