I vertici dell’azienda: Andrea e il passato di Studio Tetti Stalletti

Nel nostro lungo peregrinare alla ricerca dei segreti del team Stalletti siamo finalmente arrivati a conoscere Andrea, che con il fratello Diego guida l’impresa ereditata dal padre Domenico.
Ingegnere, laureato in Ingegneria edile presso il Politecnico di Milano, nello stesso ateneo ha anche conseguito il Dottorato di Ricerca in Sistemi e processi edilizi e ha insegnato “Tecnologia degli elementi costruttivi” nel corso di laurea in Ingegneria Edile.
Come libero professionista è stato inoltre consulente tecnico nella redazione di perizie giurate estimative di immobilizzazioni industriali.
Andrea, all’interno di Studio Tetti Stalletti, è forse la persona che meglio incarna il percorso di evoluzione intrapreso dall’azienda negli ultimi anni: il nesso fra la tradizione del passato e lo slancio verso la sua espansione futura. Chissà quanti aneddoti ha da raccontarci… Sentiamo dalle sue parole come si è realizzata la sua avventura professionale.

Andrea, cominciamo a conoscerti partendo dai tuoi ricordi più lontani nel tempo: come hai iniziato la tua attività?
Noi siamo un’azienda familiare e io sono nato all’interno di questa azienda: ricordo che avevo solo 6 anni e già manovravo la gru e gli altri mezzi nei cantieri, dove spesso andavo ad aiutare mio padre. In quei tempi non era considerato lavoro minorile… Ho iniziato a “giocare” con la gru imparando a oliare i meccanismi e, visto che ci sapevo fare, sono diventato gruista fin da piccolo.
Ricordo un episodio in particolare: avevo 9, o al massimo 10 anni; un intervento a Luino, in provincia di Varese, con la strada bloccata e il vigile che dirigeva il traffico. Io, seduto sul seggiolino della gru (allora i mezzi si manovravano dalle cabine, non esistevano ancora i radiocomandi), movimentavo i pacchi di tegole.
Il mio aiuto consentiva a papà di evitare di scendere e salire continuamente dal tetto. Altrimenti avrebbe dovuto fare avanti indietro per legare i pacchi di tegole alla gru, portarli in quota sul tetto con il braccio meccanico, lasciare i comandi della gru, risalire per spostare le tegole e scendere di nuovo dal tetto. Per poi ricominciare il giro.
Un’altra curiosità, sempre legata allo stesso cantiere, vale la pena di essere raccontata. L’intervento si svolgeva all’interno di un convento di suore, che avevano un merlo in gabbia: siccome mio padre mi chiamava dal tetto per avvertimi nel momento in cui dovevo azionare la gru per movimentare i carichi, alla fine anche il merlo imparò a pronunciare il mio nome… Capitava così che io chiedessi a mio padre se mi avesse chiamato, invece a chiamare “Andrea” era stato il merlo…
Insomma, si può dire che trascorrevo gran parte dei miei momenti liberi e delle vacanze estive sui tetti, divertendomi moltissimo e sentendomi orgoglioso di quello che, pur essendo ancora un bambino, già riuscivo a fare.

Mi pare di capire che la ditta sia stata il tuo ambiente naturale fin da ragazzino… Perché allora, una volta cresciuto, hai deciso di andare a Milano?
È stata la naturale evoluzione della mia crescita professionale. Dopo essermi diplomato come geometra, volevo studiare ingegneria e per questo dovevo necessariamente trasferirmi a Milano, lasciando l’azienda.
Questo passo rappresentò qualcosa di importante non solo per me, ma anche per tutta la famiglia: fui infatti il primo a raggiungere questo traguardo. Non fu certamente una passeggiata, ma allo stesso tempo tutto questo ha costituito per me un’importantissima esperienza di vita, al punto che poi ho deciso di restare a vivere a Milano.

E non sentivi la nostalgia di questi luoghi incantevoli?

Certamente! E infatti ho trovato un compromesso, una sinergia tra le mie diverse attività. Dopo la laurea ho iniziato a lavorare a Milano in una società per cui noi facevamo le coperture. Poi, con il 2008, si è verificata una rivoluzione: le nuove norme tecniche delle costruzioni richiedevano che gli stabilimenti venissero qualificati; all’azienda serviva un ingegnere di produzione… ed eccomi qua. Da allora faccio ogni giorno il pendolare per raggiungere Rancio Valcuvia.

Come ha reagito la tua famiglia a queste tue scelte?
Se ho potuto continuare a vivere vicino a Milano, il merito è in gran parte di mio fratello Diego, che segue da sempre i lavori sui cantieri e mi permette di dedicarmi alle attività che più mi piacciono. L’edilizia è bella, ma è un altro modo di lavorare: nella società di Milano facevamo di tutto, dal corsello box agli interni, alle nuove costruzioni, ma quello che desideravo era poter seguire i lavori sui tetti, come facevo da piccolo. E, soprattutto, ora sono a casa mia: con Diego decidiamo insieme il modo in cui lavorare, la qualità che intendiamo garantire alle nostre realizzazioni… Tutto questo mi consente di sentirmi pienamente responsabile dei miei lavori. Non dipendo da nessuno. Quando ero dipendente, mi trovavo talvolta a dover difendere lavori che non erano stati eseguiti con quel livello di qualità che io ritengo imprescindibile… Un compromesso che non potevo accettare.

Quindi sei tornato alle origini solo per vivere appieno la tua professionalità?
Ovviamente sul piatto della bilancia ci sono anche le gratificazioni economiche. Ma se ogni mattina mi alzo alle 5 e trascorro 2 ore in auto per venire a lavorare, non è certo per il denaro. Ci sono ben altri stimoli che mi hanno convinto a tornare: prima di tutto il resto, far crescere una realtà verso la quale sento la responsabilità di 5 generazioni alle mie spalle. Insomma, la storia della mia famiglia è qui.

Grazie Andrea per questo racconto di vita e buon lavoro! Mancano ancora tanti spunti e informazioni da approfondire per conoscerti meglio, soprattutto sul presente e sul futuro di Studio Tetti Stalletti: ne parleremo nei prossimi articoli del blog…