Incontriamo Emiliano, tra bici, moto e camion…

Ciao Emiliano, da quanto tempo lavori qui?

Sono 18 anni, tantissimo, ma non sembra… 

Prima cosa facevi?

Ho cominciato come meccanico tessile insieme a mio papà, artigiano; sono stato suo dipendente per un po’, finché mi sono messo per conto mio. Il tessile in Italia però è entrato in crisi nel 2003, e ho dovuto arrangiarmi… avevo la patente del militare per guidare i camion, sono venuto qui, ho fatto il colloquio e ho iniziato subito a lavorare.

Quali sono le tue mansioni principali? 

Io sono l’autista… Numero uno.

Ma dai… perché numero uno?

Ce l’ho tatuato sulle spalle, non scherzo… perché mi piace il mio lavoro e faccio dei lavori un po’ particolari…. e poi, sinceramente, in bicicletta non ce n’è per nessuno. Moto non ne parliamo… Sono stato campione italiano di trial nel 1991 e ufficiale Beta. Ho fatto pure una gara di mondiale, ma poi dovevo fare il militare e tutto è finito… Comunque, qualsiasi cosa che si muove… non so, ho un dono, un sensibilità. Anche con la gru… 

Quindi, spiega bene cosa fai…

Si carica il tetto in ditta e si porta nei cantieri. Poi, man mano, sollevo tutto quello che serve: il colmo, i puntoni, il cantonale. Si posiziona tutto con la gru, e io devo essere molto preciso, perché devo appoggiare, magari su dei pilastri. 

Ovviamente, hai dovuto imparare da zero…

Certo! Le prime volte uscivo con Domenico, il papà di Diego e Andrea, ed è stata dura… lo ammetto, ho sofferto, ho anche pianto. Perché sai, ero già grande, e ricominciare tutto da capo è stata dura, però gli insegnamenti sono stati utili, perché sinceramente ho avuto una buona scuola con Domenico.

Cosa ti piace di questa azienda? Quali sono i punti di forza?

Sinceramente? Loro, i capi. Perché ti trattano proprio come in famiglia. Devi dare, eh, intendiamoci. Però, con tutti i ragazzi, c’è un bell’ambiente, si va tutti d’accordo. L’altro vantaggio è che, bene o male, siamo tutti giovani: i più vecchi siamo io e Lele, il carpentiere. 

Diego Stalletti è un “martello” sul lavoro, e Andrea Stalletti ha sistemato tante cose: ha riorganizzato l’azienda, stabilito chiaramente i ruoli e, sinceramente, c’è un pensiero in meno per me, perché ci pensa lui a queste cose.

Questa azienda come te la immagini in futuro? 

C’è sicuramente un discorso di crescita, ma credo che adesso bisognerebbe investire su un camion nuovo, un altro salto di qualità, anche per l’immagine. Ma comunque questa azienda, secondo me, va bene così, perché andare a cercare di fare cose nuove è sempre un rischio. Io la vedo così. Certo, chiaramente sono cambiate tante cose da quando sono arrivato: eravamo qua in 3 e adesso siamo in 11. E comunque, senza stravolgere, già siamo molto più avanti rispetto ad altre segherie. Girando, ne vedo altre, ma noi siamo un passo più avanti. Io sono fiero di lavorare qui.

A me, quello che piace, è che esco la mattina e non sento più nessuno. So che si fidano di me e quindi sanno che lavoro in un certo modo. È una preoccupazione in meno anche per loro e una grande soddisfazione per me.